La Federal Reserve nel mirino politico

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca riaccende il dibattito sulla politica dei tassi d’interesse della Federal Reserve (Fed) e potrebbe avere implicazioni di grande portata.

 

La politica dei tassi della banca centrale americana, la Federal Reserve (Fed), è al centro del dibattito politico, specie ora che si sta avvicinando la nuova presidenza di Donald Trump. Trump ha ripetutamente criticato con veemenza la Fed, e ora sta puntando ad una politica dei tassi aggressiva. Le sue sollecitazioni a ridurre i tassi di riferimento per stimolare la crescita economica sono in contrasto con gli avvertimenti degli avversari politici.

 

Federal Reserve: dopo la vittoria di Trump la banca centrale americana taglia il tasso di riferimento

A seguito della vittoria elettorale di Trump, la Fed ha deciso una riduzione del tasso d’interesse di 0,25 punti percentuali, portandolo in una fascia compresa tra il 4,50% e il 4,75%. Si tratta ormai della seconda riduzione consecutiva, dopo quella dello 0,5% avvenuta a settembre. La scelta, comunque, è parte di una strategia già delineata la scorsa estate e non va vista come una risposta diretta alle pressioni politiche di Trump.

In passato Musalem, il presidente della Fed, aveva espresso cautela rispetto a tagli eccessivamente rapidi dei tassi, prediligendo un approccio graduale al fine di tenere sotto controllo l’inflazione. In un discorso tenuto davanti ai Money Marketeers dell’università di New York, aveva dichiarato che i costi di una politica troppo espansiva e precoce superano di gran lunga quelli di una risposta moderata e tardiva, ponendosi in aperto contrasto con le richieste di Trump di una riduzione decisa dei tassi.

 

L’indipendenza della Fed è in pericolo? L’impatto di Trump sulla politica dei tassi d’interesse

L’indipendenza della Fed rappresenta un pilastro fondamentale della politica economica americana. Il compito della Fed consiste nel sostenere la stabilità dei prezzi e la piena occupazione, il che si ottiene aumentando i tassi. Essa deve garantire che le decisioni economiche non siano influenzate da interessi politici di breve termine. In passato, ad esempio negli anni settanta, quando fu esercitata una forte pressione sull’allora presidente della Fed Arthur Burns, si era visto che l’influenza politica può fare crescere notevolmente l’inflazione.

Trump sostiene di essere in grado, grazie alla sua esperienza imprenditoriale, di prendere decisioni economiche migliori rispetto agli attuali membri della Fed. Infatti, ha spesso criticato la Fed e il suo presidente Jerome Powell di essere “troppo lenti” o “troppo veloci” nelle proprie azioni. Sebbene il presidente degli Stati Uniti abbia la facoltà di licenziare il capo della Fed, ciò avviene solo in circostanze estreme, ad esempio per cattiva condotta. Una tale decisione, peraltro, potrebbe minare seriamente l’indipendenza della Fed e improntare la politica monetaria a obiettivi politici di breve termine.

Come ha dichiarato alla NBC Ralph McLaughlin, economista senior di Realtor.com, “l’idea che il presidente possa influenzare direttamente il tasso Fed è piuttosto inverosimile, mentre le azioni politiche più ampie o le aspettative di azioni politiche hanno un effetto ben più diretto”.

 

Trump contro Powell: scontri sulla politica monetaria e sul futuro della Fed

Il mandato di Powell terminerà nel 2026. Come era prevedibile, Trump ha già annunciato di non intendere riproporre Powell per la carica. Le dimissioni di Jerome Powell, comunque, paiono fuori discussione. Il 7 novembre 2024, alla conferenza stampa tenutasi dopo le elezioni americane, ha risposto con un netto “no” alla domanda se fosse disoposto a dimettersi su richiesta di Trump, sottolineando che il presidente non ha il diritto di licenziarlo o degradarlo. “La legge non lo ammette,” ha dichiarato.

Con l’insediamento di Trump nel gennaio 2025 potrebbero sorgere ulteriori conflitti in materia di politica monetaria, specie se saranno attuate misure che favoriscono l’inflazione e che impedirebbero quindi alla Fed di abbassare i tassi d’interesse, come vorrebbe, invece, il nuovo presidente.

 

La politica di Trump e le conseguenze per l’economia statunitense

L’agenda politica economica di Trump comprende varie misure atte a favorire l’inflazione. I dazi all’importazione e il protezionismo, ad esempio, che hanno lo scopo di sostenere l’industria nazionale, farebbero aumentare i prezzi dei beni e delle materie prime importate. Pressioni inflazionistiche deriverebbero anche dalla riduzione delle imposte e dall’ampliamento del debito pubblico.

Un ulteriore fattore critico è rappresentato dalla politica migratoria di Trump, che con le restrizioni previste rischia di innescare una carenza di manodopera che, a sua volta, potrebbe fare aumentare i salari e i costi della produzione, dato che le aziende sarebbero costrette a pagare di più per assicurarsi la forza lavoro necessaria.

 

Questi fattori complicherebbero ulteriormente il lavoro della Fed, che attualmente sta cercando di supportare l’economia con tagli dei tassi d’interesse. Se, tuttavia, l’inflazione dovesse aumentare, potrebbe essere necessario un rialzo dei tassi, con il rischio di un rallentamento del processo di espansione economica. Tutti questi aspetti suggeriscono che sotto Donald Trump gli Stati Uniti rischiano di dover gestire un delicato equilibrio tra sostegno alla crescita economica e lotta all’inflazione.

Nel corso della conferenza stampa del 7 novembre 2024, comunque, Powell ha chiarito di essere intenzionato a difendere l’indipendenza della banca centrale statunitense, aggiungendo che le speculazioni sulla politica fiscale di Trump non influenzeranno in alcun modo le decisioni della Fed. Un chiaro messaggio a Trump, quindi, che la Fed continuerà a impostare la propria strategia di gestione della moneta senza farsi condizionare dalle pressioni politiche.

In un clima politico sempre più divisivo, rimane incerto come la Fed reagirà alle nuove sfide e in che modo gli eventi impatteranno sula stabilità economica degli Stati Uniti. I prossimi mesi potrebbero essere decisivi per capire come si svilupperà la politica monetaria di fronte alle pressioni di Trump sulla banca centrale.

Fonte: finanzen.net